Dacia Maraini

Nasce a Firenze nel 1936, primogenita dell’antropologoorientalista e scrittore fiorentino Fosco Maraini e della pittrice e gallerista palermitana Topazia Alliata, quest’ultima appartenente al ramo siciliano dell’antico casato pisano degli Alliata, ovverosia gli Alliata di Salaparuta. Il nonno paterno della futura scrittrice fu lo scultore e critico d’arte romano d’origini ticinesi e genovesi Antonio Maraini (18861963), deputato del Partito Nazionale Fascista dal 1934 al 1939, nonché stretto collaboratore del gerarca Achille Starace e principale fautore delle politiche artistico-culturali del regime fascista, mentre la nonna paterna fu la scrittrice inglese, nata nell’allora Ungheria asburgica e d’origini in parte polaccheYoï Crosse (18771944)[3]; il nonno materno fu il gastronomo Enrico Maria Alliata di Villafranca (18791946), proprietario della rinomata azienda vinicola Corvo ed ultimo signore delle antiche cantine di Casteldaccia, mentre la nonna materna fu Oria Maria Amelia “Sonia” Ortúzar Ovalle de Olivares (18921981), una cantante lirica, che però non poté esordire, figlia d’un diplomatico cileno[4].

La famiglia Maraini, Fosco, Dacia, YukiToni e la madre Topazia Alliata

Maraini trascorse l’infanzia in Giappone[5], dove i genitori si erano stabiliti nel 1939, e dove nacquero le sue sorelle Yuki e Antonella, detta Toni. A seguito della caduta del fascismo e susseguente dichiarazione dell’armistizio di Cassibile nel 1943, con cui dunque l’Italia spezzava i suoi legami con l’Asse, la famiglia venne internata in un campo di concentramento dalle autorità giapponesi, dove patì la fame.

Soltanto nel 1945 la famiglia riuscì a rientrare in Italia, stabilendosi dapprima in Sicilia, presso la tenuta dei nonni materni, Villa Valguarnera di Bagheria, ed in seguito a Roma. Dopodiché il padre Fosco, da solo, volle tornarsene a Firenze. Questi anni sono raccontati dalla stessa Maraini nel suo romanzo Bagheria:

«Conoscevo troppo bene le arroganze e le crudeltà della Mafia che sono state proprio le grandi famiglie aristocratiche siciliane a nutrire e a far prosperare perché facessero giustizia per conto loro presso i contadini […] Io non ne volevo sapere di loro. Mi erano estranei, sconosciuti. Li avevo ripudiati per sempre già da quando avevo nove anni ed ero tornata dal Giappone affamata, poverissima, con la cugina morte ancora acquattata nel fondo degli occhi. […] Io stavo dalla parte di mio padre che aveva dato un calcio alle sciocchezze di quei principi arroganti rifiutando una contea che pure gli spettava in quanto marito della figlia maggiore del duca che non lasciava eredi. Lui aveva preso per mano mia madre e se l’era portata a Fiesole a fare la fame, lontana dalle beghe di una famiglia impettita e ansiosa. […] E invece eccoli lì, mi sono cascati addosso tutti assieme, con un rumore di vecchie ossa, nel momento in cui ho deciso, dopo anni e anni di rinvii e di rifiuti, di parlare della Sicilia. Non di una Sicilia immaginaria, di una Sicilia letteraria, sognata, mitizzata.»

(Dacia Maraini, Bagheria)

Dopo la separazione dei genitori, all’età di 18 anni Maraini raggiunse il padre, che nel frattempo si era trasferito nella capitale. Nel 1959 si sposa con Lucio Pozzi, pittore milanese da cui si divide dopo quattro anni. Il matrimonio venne annullato nel 1963[6]. In seguito fu a lungo compagna di Alberto Moravia, con cui visse dal 1962 al 1978. A Roma strinse una solidale amicizia con molti letterati e poeti, tra cui Pier Paolo PasoliniElsa MoranteMaria Bellonci e lo stesso Moravia, inserendosi a pieno titolo nel circolo letterario del tempo.

L’autrice è vegetariana.

Fonte: Dacia Maraini – Wikipedia

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